Ambra in versione sadomaso, un’irriconoscibile Annie Lennox, Ramazzotti il borgataro e Madonna la businesswoman: parla lo stylist delle star.

Non è un caso che Marcella Bella abbia scelto proprio te come stylist per il suo nuovo progetto discografico: la vostra prima collaborazione, quella per il look di “Nell’aria”, risale a oltre trent’anni fa.
Ascoltai il disco, mi piacque molto. Cercai di eliminare il capello riccio, ma lei proprio non voleva saperne di tagliarlo. Così raccogliemmo i capelli e attaccammo alcuni ciuffetti che le davano un’atmosfera non dico punk, ma più nuova rispetto ai suoi precedenti lavori. Ora ha lavorato con Mario Biondi al suo nuovo album, davvero notevole, e mi ha voluto nuovamente al suo fianco.
Ma andiamo con ordine: come cominciò questo tuo lungo viaggio nel mondo della musica e dello spettacolo?
Tutto ebbe inizio in tre discoteche molto in voga a Milano tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80, Primadonna, Divina e No Ties. Non facevo il dj, ci lavoravo come pr, come organizzatore di feste. Presi a lavorare Claudio Cecchetto: era bravissimo a mixare, ma sul palco era una mummia, non diceva mezza parola e non intratteneva il pubblico. Ricordo che mi dovetti allontanare per qualche giorno e dissi a Cecchetto di provare a sciogliersi un po’, a intrattenere la folla. Quando tornai, lo trovai che era un’altra persona.
Nello stesso periodo lavoravi anche come ufficio stampa per la EMI italiana, per la quale incidevano – tra gli altri – Alan Sorrenti, Francesco Guccini e poi, verso la fine degli anni ’70, anche Franco Battiato e Pino Daniele. Cosa ricordi di quel periodo?
Battiato arrivò in EMI dopo una serie di album sperimentali. Curiosamente, avevo suonato insieme a lui all’inizio della sua carriera: facevamo parte del complesso che accompagnava Ombretta Colli, la moglie di Giorgio Gaber. Andai in sala d’incisione quando Battiato registrò insieme ad Alice “Chan-son egocentrique” e fu lì che capii da dove venivano fuori i suoi testi: totale improvvisazione con grande senso dell’humour. Quanto a Pino Daniele, ricordo che quando la EMI lo mise sotto contratto chiesero a me di fargli qualche foto, perché non avevano budget.
Poi arrivò la prima collaborazione come stylist, quella con Alan Sorrenti.
Alla EMI avevano un nuovo artista da riproporre, Alan Sorrenti, appunto, che veniva da alcuni dischi prog rock e che aveva appena inciso “Figli delle stelle”: si ripresentava sulle scene con sonorità diverse, decisamente disco. Chiesero a me di curare la sua immagine, di rimetterlo in ordine. Per prima cosa, via i capelli lunghi. Poi, gli abiti: in quel periodo, era il 1977, Gianni Versace aveva realizzato la prima collezione da uomo, tutto bianco e Superman. Era perfetta. Presi il portfolio con le foto e andai a Roma, a farle visionare ai miei capi della EMI, che bocciarono in totale il progetto: “Troppo disco, troppo gay”, mi dissero.
Ma Alan si sentiva a suo agio con quella nuova immagine e quindi, alla fine, venne scelto proprio il mio look. “Figli delle stelle” andò al primo posto in classifica: non che il merito fosse del look, ma in qualche modo contribuì al successo del singolo. Così mi licenziai dalla EMI e cominciai a curare l’immagine degli artisti.
Poco tempo dopo ti affidarono il look di Kate Bush per la sua partecipazione al Festivalbar del 1978 con “Wuthering heights”,come fu lavorare con lei?
Quel singolo rimase nel cassetto di quello che si occupava del repertorio straniero della EMI Italiana per cinque o sei mesi, pensavano che fosse una canzone troppo strana. Incontrai Kate Bush a Nizza, lei stava registrando nello stesso studio in cui i Rolling Stones avevano registrato “Exile on Main Street”. Mi diede carta bianca: l’arte di comandare sta nell’arte di delegare, appunto. Andai a New York ad acquistare qualche maschera, poi a Milano feci realizzare alcuni costumi da samurai. Chiesi agli scenografi della Scala di costruire un grande aquilone. Il giorno dell’esibizione all’Arena di Verona, Kate arrivò con molto ritardo. In quel periodo era seguita da Hilary Walker, ex manager di Paul McCartney. La trascinai in camerino per darle una sistemata. La coreografia prevedeva che lei si nascondesse dietro l’aquilone e che ad un certo punto i due samurai girassero l’aquilone. Ma nessuno disse a Kate che l’Arena era gremita, quella sera, e quando l’aquilone si girò lei rimase esterrefatta
Con Loredana Berté, invece, collaborasti a più riprese: prima per l’album “Jazz” del 1983, poi per “Savoir faire” del 1984 e, infine, per “Carioca” del 1985. Tutti quelli che lavorarono con lei raccontano che Loredana aveva un carattere non facile. Confermi?
Quella con Loredana fu la collaborazione più difficile, ma anche la più bella. Ci furono litigi, ma anche momenti molto intensi. Ho mille ricordi di quel periodo. Ed è vero che che era un personaggio con cui non era così semplice lavorare. Loredana, che tendenzialmente indossava sempre jeans e magliette a maniche corte, per “Il mare d’inverno” scelse un look post-atomico, come lo chiamava lei, a brandelli. Per “Carioca”, invece, preferì un’immagine più estiva. Era sempre un gradino verso il futuro, estremamente attenta alla contemporaneità, a quello che funzionava in quel preciso momento. Il primo lavoro che fece senza di me fu il Festival di Sanremo con il pancione finto, quello di “Re”. L’idea venne ripresa da Lady Gaga, è vero, ma prima di Loredana lo aveva già fatto Barbra Streisand in un film.
Restando sempre in Italia: nel 1984 curasti il look di Eros Ramazzotti, che quell’anno cercava di farsi conoscere dal grande pubblico partecipando, tra le Nuove Proposte, al Festival di Sanremo. Come ti arrivò la proposta di collaborare con lui?
Mi chiamò il suo produttore, Renato Brioschi, ex membro dei Profeti: “Ho un giovane che va a Sanremo, ma non sono molto sicuro del look. Puoi dargli un’occhiata?”, mi chiese. Era domenica, Ramazzotti si sarebbe esibito quattro giorni dopo, il giovedì. Mi arrivò a casa questo ragazzo con i riccioloni, romano, un po’ borgataro, aveva appena finito di giocare a pallone. Gli dissi: “Devi essere il nuovo James Dean”. Pensavo a “I ragazzi della 56esima strada”, jeans e capelli rockabilly. Trovai un parrucchiere disponibile di lunedì, un amico, e mi procurai un paio di magliette, una riciclata da Alan Sorrenti. Ramazzotti partì per Sanremo e vinse con “Terra promessa”. Lo rividi qualche anno dopo a Miami, dove abitavo. Aveva in programma un concerto a Milano con Tina Turner e mi invitò a fargli da direttore artistico.
Dopo le tante collaborazioni con artisti italiani, poi, arrivarono quelle con le star internazionali: su tutte, Madonna. Come arrivasti a lei?
Sognavo di lavorare con lei da tempo e capii che se fossi rimasto a lavorare a Milano non sarebbe mai successo. Così, feci le valigie e volai a Los Angeles. Condividevo l’appartamento con Bob Esty, arrangiatore e produttore che all’epoca lavorava con Donna Summer e Giorgio Moroder. Cominciai a lavorare con alcuni clienti e un giorno mi chiamarono per dirmi che Madonna, reduce dall’album “True blue”, aveva visto i miei lavori e voleva che collaborassi con lei per un book fotografico. Fu relativamente semplice lavorare con Madonna: era precisissima e molto pignola. Sapeva di avere un grande potere e voleva dominarlo: una grande businesswoman.
Della collaborazione con Annie Lennox, invece, cosa ricordi?
Avevo due abiti, uno di Versace e l’altro di Missoni. Le proposi di fare un gioco: la regina di picche. capelli neri e abito rosso. A riguardare quelle foto, oggi, appare irriconoscibile. Qualche tempo dopo venne in Italia insieme agli Eurythmics, per un concerto al Palatrussardi di Milano. Andai in albergo e lasciai un regalo nella stanza del suo manager. Due o tre giorni dopo mi lasciò un messaggio nella segreteria del telefono: “Hi, this is Annie… Annie Lennox. Ho ricevuto il tuo regalo, vieni al concerto: ti faccio trovare due pass”. Mi aveva dato un pass per tutte le aree. Andai in camerino e scoprii che aveva fatto registrare tutto il concerto per ascoltare com’era venuto, a livello di suono. La nostra collaborazione finì perché il suo manager, geloso, tagliò i rapporti.
L’immagine, in musica, è legata in particolar modo ai videoclip: negli anni ’80 e ’90, a volte, il video era più importante della canzone. Oggi è ancora così, secondo te?
Assolutamente sì, considerando anche che i video di oggi possono vantare del supporto di internet, a differenza di quelli degli anni ’80 e ’90. Quando mi paragonano i video di Lady Gaga e quelli di Madonna rispondo sempre che Madonna non aveva internet. Prima, però, c’era un’attenzione diversa: si viveva l’attesa del videoclip.
Ma quanto conta il look per una popstar, oggi?
Conta eccome. Tra l’altro, oggi è molto diffuso anche l’anti-look: penso a personaggi come LP, che si presenta senza trucco, magliettina e jeans. Anche quello di Sia è un anti-look, perché non vuole farsi vedere. Dietro, però c’è una grande idea di marketing. Anche se sembra che dietro non ci sia uno studio, anche questi non-look fanno tendenza.
Le varie popstar internazionali contemporanee, penso a Lady Gaga, Katy Perry, Adele, Beyoncé e Rihanna, secondo te fanno un buon uso del look ?
Sì, anche se certi look sono meno riusciti di altri. Katy Perry sorprende ogni volta, Beyoncé fa grandi ricerche sulla sua immagine.
Certe loro scelte hanno fatto discutere: ricordi il vestito di carne che Lady Gaga ha indossato qualche anno fa agli MTV Video Awards?
Me lo ricordo benissimo. E ricordo anche quando si presentò alla cerimonia dei Grammy dentro l’uovo, tipo un feto. Lady Gaga, comunque, è una grande. Anche lei, ad esempio, ora che si è avvicinata al country ha scelto un non-look.
Con chi ti piacerebbe lavorare, in futuro?
Del panorama italiano l’unico artista che con cui mi piacerebbe collaborare è Raphael Gualazzi: mi è piaciuta molto la sua “L’estate di John Wayne”, trovo che il video sia meraviglioso, sembra girato dal nipote di Fellini. Quanto agli artisti internazionali: sarebbe stato molto bello lavorare con Amy Winehouse.di Mattia Marzi


























Mabilia offers some glizzy musical numbers, first with a tribute to the iconic italian musical diva Wanda Osiris, then as a flamboyant Carioca singer escorted by colorfull young dancers,while in the grand finale: all actors show up as “men” in ” elegant tuxedos.


Castelfranco Veneto, is the picturesque birthplace of Giorgione, an Italian painter of the Venetian school in the High Renaissance.





It ‘s a great book with never seen before images of the Diva… including this beautiful , candid, intimate and lovely moment of Liz while cooking … 







He turns geometric research and rigour into the purest visionary aesthetics, combines a range of different languages into a new and intriguing itinerary that represents a one off in the history of art across all ages and continues to thrill the wider public.







Milan, Teatro alla Scala.

The Scala Orchestra, directed by Michail Jurowski, started
Nicoletta Manni in the principal roles of Odette/Odile showed an amazing amount of grace, power and technicality. (I was carefully counting the nearly perfect Odile’ s32 fouettés in Act 3) Timofej Andrijashenko as the Prince Siegfried, colored his role with athletic moves and an amazing dramatic interpretation.
Bravo to the female Ensemble that, in a challenging tour de force, spanned from being joyous courtesan to swans, to character figures from all over Europe, back to swans. The Spanish dance was a winner, thanks to the flamboyant Riccardo Massimi and Massimo Garon while Christian Fagetti as Benno performed a passionate pas de trois. Applause to the iconic Litte Swan, beautifully featured by Daniela Cavalleri, LusyMay Di Stefano ,Christelle Cennerelli, Agnese Di Clemente
I wasn’t so impressed by the Jerome Kaplan costumes.
Swan Lake will perform till July 15th
All photos by Brescia e Amisano-Teatro alla Scala
The set is simple: a banch, a red balloon, 

Applauses and emotions, starting from a tender Rosalina’s tier.. 
First Italian date for Lukas Graham Band at Carroponte Center, Milan.
” A humble, gentle friendly performer, who like to talk of family, memories, personal stories, dreams, food and to cheer with a drink.The band, an amazing voice and , of course. There is a great companionship between Lukas and his band, drummer Mark Falgren, bassist Magnus Larsson, keyboardist Kasper Daugaard and a great session of saxophone and trumpets that brings to stage rhythm n blues atmosphere.
Many hits, starting from the opening Better Than Yourself that echoes Beethoven’s Sonata au clair de lune , Welcome to my funeral, Strip no more, Mama said, 
The legendary Piccolo Teatro Strehler of Milano hosts a new production of
The story (that Michieletto starts from the end) tells about Mackie Messer, notorious criminal (Marco Foschi) who marries Polly Peachum (Maria Roveran) without the permission of Peachum, the girl’s father, (Peppe Servillo) the one who controls all the London’s beggars, here turned into migrants in orange life jackets and suggesting a mass drowning tragedy.
Eventually Mackie manages to get a conviction but shortly before the execution, a Queen’s Messenger grace the accused and awarded him the title of baronet. I love to mention the amazing staging of Jenny’s song sung by the incomparable Almodovar’s muse
A great ensemble of young actors not to mention the perfect harmony between sounds and visual, thanks to the Sets by Paolo Fantin, costumes by Carla Teti, lighting by Alessandro Carletti, choreography by Chiara Vecchi and the Orchestra Sinfonica of Milano Giuseppe Verdi conducted by Giuseppe Grazioli.
At Piccolo Teatro of Milano till June 11.



“My mind needs precise timing to channel the emotions 
“” my muse is nature.
Midsummer Night’s Circus a new musical w
Like in Pippin or the new version of Godspell, the action takes place in a circus,
Dance to Unite, Inc. is a nonprofit organization whose mission is to use dance as a vehicle to teach and to celebrate cultural diversity.The evening will be a celebration of artistic excellence and cultural diversity to benefit
Dance to Unite’s expanding free after-school dance and education programs. This year, Dance to Unite proudly honors Jenny Morgenthau, who recently retired after 32 years as the Executive Director of the Fresh Air Fund. As part of the celebration, students of Dance to Unite will perform to music icon and Blondie lead singer, Debbie’s biggest hits live.